Agata nacque intorno al 238 d.C. in una famiglia siciliana facoltosa e di nobili origini. Quinziano, proconsole dell’imperatore Decio, giunse a Catania con l’intento di far rispettare l’editto imperiale che imponeva ai cristiani l’abiura della propria fede. La sofferenza fu grave ma breve e, dopo fustigazioni, lo strappo delle mammelle e la tortura dei carboni ardenti. Durante le torture Catania fu colpita da un forte terremoto e Quinziano fu ritenuto dalla cittadinanza responsabile in quanto colpevole di avere seviziato la serva di Dio. Impaurito dal terremoto e dalla sommossa di popolo, Quinziano, dopo aver comandato di interrompere la tortura e di accompagnare Agata in carcere, scappa da una porta secondaria del Pretorio. La giovane, condotta agonizzante nella sua cella, muore il 5 febbraio 251 mentre Quinziano, indirizzato verso la casa dei suoi familiari con il proposito di arrestarli e sequestrarne i beni, viene disarcionato dai cavalli imbizzarriti nell’attraversare il fiume Simeto, morendo annegato.
Quinziano s’invaghì della giovane diaconessa e dopo averle ordinato senza successo di ripudiare la propria religione, cercò, di rieducarla attraverso l’azione della cortigiana Afrodisia e delle sue figlie ma, al cospetto della caparbietà di Agata e ai suoi decisi rifiuti la convocò al palazzo pretorio dando l’avvio al processo e alla conseguente persecuzione. (Paolo Gismondi, Sant’Agata nel lupanare di Afrodisia – 1636 – Affresco nella chiesa di Sant’Agata dei Goti - Roma)
La sofferenza fu grave ma breve e, dopo fustigazioni, lo strappo delle mammelle e la tortura dei carboni ardenti. Durante le torture Catania fu colpita da un forte terremoto e Quinziano fu ritenuto dalla cittadinanza responsabile in quanto colpevole di avere seviziato la serva di Dio.
( Giambattista Tiepolo, Il Martirio di Sant’Agata – 1755 circa – Berlino Staatliche Museen)
Impaurito dal terremoto e dalla sommossa di popolo, Quinziano, dopo aver comandato di interrompere la tortura e di accompagnare Agata in carcere, scappa da una porta secondaria del Pretorio. La giovane, condotta agonizzante nella sua cella, muore il 5 febbraio 251 mentre Quinziano, indirizzato verso la casa dei suoi familiari con il proposito di arrestarli e sequestrarne i beni, viene disarcionato dai cavalli imbizzarriti nell’attraversare il fiume Simeto, morendo annegato.